Invisibilità: l’elemento chiave della deontologia professionale dell’interprete

Il 16 ottobre 2019 il presidente italiano Sergio Mattarella si è recato alla Casa Bianca per incontrare il presidente americano Donald Trump. Nonostante l’importanza dei temi discussi dai due presidenti (dazi doganali, attacco turco in Siria eccetera), l’attenzione delle varie testate giornalistiche che hanno parlato dell’incontro si è concentrata sull’interprete di Mattarella.

Elisabetta Savigni Ullmann, questo è il suo nome, è diventata virale a causa delle sue espressioni facciali. Molti hanno ipotizzato che non capisse alcune frasi sibilline pronunciate da Trump ma in realtà, per evitare il fenomeno mediatico che ne è derivato, la donna avrebbe dovuto tutelarsi seguendo la deontologia professionale dell’interprete. La prima regola da seguire è quella dell’invisibilità: l’interprete deve essere invisibile, non può essere né registrato né ripreso in alcun modo. La Ullmann, invece, era chiaramente visibile in qualsiasi video dell’evento. Un’altra regola da seguire è quella della neutralità: un interprete deve essere come uno specchio, deve riflettere le parole dell’oratore traducendole in un’altra lingua il più fedelmente possibile, senza aggiungere commenti o mostrare, anche con le espressioni del viso, le proprie idee in merito.

Probabilmente la Ullmann non ha concordato, prima di iniziare l’incontro, il cosidetto cerimoniale di Stato che tutela ogni interprete nel suo lavoro, in particolar modo in ambienti lavorativi ad alto rischio.

2 pensieri riguardo “Invisibilità: l’elemento chiave della deontologia professionale dell’interprete

Lascia un commento

Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia ora